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“Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana e non sono sicuro della prima”

Albert Einstein

L’Hubei dello Stivale (Parte 88): Quando è che basta?

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Un ambizioso broker, entra nel lussuosissimo studio di uno spudorato investitore megamiliardario di Wall Street e, resosi conto che non si può continuare a fare soldi passando sopra tutto e tutti, chiede:

“how much is enough?”(“Gordon quand’è che basta?”)

Si tratta del film Wall Street di Oliver Stone in cui il broker Bud Fox (impersonato da Charlie Sheen) rimprovera a Gordon Gekko (uno stratosferico Michael Douglas) la totale mancanza di etica del sistema, la distruzione di posti lavoro e la sottomissione del sistema economico alla sola logica del profitto.

E’ un monologo sul capitalismo che è valso un meritato premio Oscar a Michael Douglas.

“Quand’è che basta?”.

Bud Fox lo ripete due volte.

Io me lo sto ripetendo da una settimana.

Ogni giorno.

Vedo molte somiglianze tra l’insistente domanda di Bud Fox e la situazione attuale della pandemia in Italia.

Prima fase: “oddio quanti morti”.

Vi siete accorti che dal lockdown di marzo-maggio 2020 la soglia per dichiarare insostenibile la situazione epidemiologica si è sempre più alzata?

In questo post del primo novembre 2020 dal titolo purtroppo profetico (a 150 all’ora contro un muro) avevo già evidenziato questa preoccupante tendenza.

Il primo decesso ufficiale per COVID-19 fu quello di Adriano Trevisan, di anni 78, deceduto il 21 febbraio all’Ospedale di Schiavonia e residente a Vò Euganeo.

In due settimane i decessi per COVID arrivarono a 107 (4 marzo).

L’8 marzo fu varato il DPCM che dichiarava zona rossa la Lombardia e 14 Province sul territorio nazionale. I bar e ristoranti dovevano chiudere alle 18, i centri commerciali venivano chiusi nei week end. Chiuse le piscine, le palestre e tutti i centri ricreativi, i centri termali, gli impianti sciistici e tutte le scuole.

Dopo una sola settimana, la variante di Wuhan, incurante di zone colorate e contorte circolari ministeriali, obbligava il Governo a dichiarare il lockdown.

Era il 14 marzo 2020.

Le terapie intensive vengono travolte da un aumento “verticale” di ingressi. Dal 4 marzo 2020 al 14 marzo 2020 i malati COVID passarono da 295 ad oltre 1.500.

Dati Sole 24 Ore
Dati Sole 24 Ore

Non vi sarà sfuggito che la salita non si arrestò: la prima linea tratteggiata è posta sulla data del 14 marzo. Ma la salita continua, senza freni, fino al picco che verrà raggiunto solo 20 giorni dopo (il 3 aprile 2020) con 4.068 pazienti intubati.

Questo comportamento dei ricoveri è ovvio in quanto i tempi che intercorrono tra contagio, ricovero e decesso sono sfasati tra di loro. Se chiudete completamente tutto il giorno X i contagi continueranno a manifestarsi in quanto generati da contatti nei giorni precedenti alla chiusura. L’ingresso in terapia intensiva avviene in qualche caso poco tempo dopo l’accesso in ospedale ma spesso avviene dopo un progressivo aggravamento che può durare diversi giorni. Inoltre la permanenza in un reparto di terapia intensiva non è breve ed un continuo ingresso di pazienti porta un aumento del numero di degenti1.

Era il periodo del: “Oddio quanti morti!”.

Erano le giornate del bollettino giornaliero (ore 16).

Erano i momenti dei titoloni e delle immagini sulle bare di Bergamo trasportate sui camion dell’esercito.

Ora i morti contano molto meno.

Seconda fase: “non si può chiudere tutto”

La desensibilizzazione pandemica comincia a farsi strada come l’acqua che perde da una tubatura di un condominio. Dopo il grande lockdown ed il calo dei casi sono molte le voci che si schierano contro le misure restrittive in caso di recrudescenza dei contagi.

Governatori delle Regioni in testa viene richiesto di rivedere le misure di mitigazione che dovrebbero messe in atto nel caso di una seconda ondata. Con il DPCM del 30 aprile 2020 e con un documento condiviso con la Conferenza delle Regioni l’8 ottobre 2020 si definiscono i criteri generali (poi inclusi nel DPCM del 3 novembre 2020).

Così, per non tornare in lockdown nasce l’Italia a colori con un coacervo di 21 indicatori e algoritmi da far venire il mal di testa e che si rivelerà per lo più inutile.

Se ritorniamo al periodo 23 ottobre 2020-31 ottobre 2020 (inizio seconda ondata – variante Alfa) possiamo constatare una quasi completa sovrapposizione dei dati con la progressione vista nell’intervallo illustrato precedentemente (4 marzo 2020-14 marzo 2020):

In un tempo leggermente inferiore (9 giorni invece di 11) si parte da circa 100 decessi giornalieri e si arriva a contarne 1.600 alla fine del periodo.

Ma, come detto, stavolta i morti non hanno più l’impatto della primavera. Rispetto alla prima ondata anche la soglia di allarme per la occupazione di letti in terapia intensiva si alza: il 23 ottobre i letti occupati sono gia 1.049. Con il DPCM del 3 novembre (che entrerà in vigore il 6 novembre 2020) saranno istituite le “zone rosse” in varie Regioni. ll numero di pazienti in terapia intensiva sarà già pari a 2.515. Ben di più dei 1.500 a cui si era arrivati il 14 marzo 2020.

Anche in questo caso il picco di pazienti in terapia intensiva sarà raggiunto successivamente ovvero il 25 novembre 2020 (19 giorni dopo il DPCM) con un numero di pazienti intubati pari a 3.848. Picco di poco inferiore a quello della primavera 2020.

Dati Sole 24 Ore
Dati Sole 24 Ore

Il DPCM delle “zone rosse” e gli algoritmi a lui connessi funzionaranno piuttosto male nel controllare contagi e ricoveri. Lo potete già apprezzare dalla discesa inizialmente ripida ma poi sempre più lenta.

L’effetto a fisarmonica di aperture e parziali chiusure tra le Regioni colorate (confermate dal DPCM 2 marzo 2021 del Governo Draghi) non fa che dividere la 2a ondata in due fasi caratterizzate da 2 picchi separati con ripartenza della salita dei ricoveri da fine febbraio 2021. Ed anche in questo caso il picco di ricoverati in terapia intensiva di fine marzo non è differisce da quelli precedenti.

Dati Sole 24 Ore
Dati Sole 24 Ore

La soglia si alza ancora?

Siamo ai giorni nostri. Ed oggi i ricoveri in terapia intensiva sono 1.595. Ovvero più alti dei ricoveri che avevamo quando è stato decretato il lockdown del 2020. I ricoveri in terapia intensiva continuano a salire. La media di nuovi ingressi giornalieri è ormai stabilmente sopra i 120. Ci sono ovviamente anche delle uscite. In questi reparti le uscite sono solo di due tipi:

  • decessi
  • trasferimenti in reparto di degenza ordinaria

Sul primo esito non c’è molto da dire. Il secondo esito sposta solo il problema della occupazione di posti letto da un compartimento ad un altro aggravando il carico delle degenze ordinarie che continuano a ricevere pazienti non così gravi da essere intubati.

Nelle terapie intensive pertanto i 120 nuovi ingressi sono controbilanciati dalle uscite che però sono sempre purtroppo inferiori. Il saldo tra entrate e uscite è quindi positivo. Ogni giorno questo saldo aumenta attestandosi tra i 30 ed i 40 casi in più. Che significa oltre 200 letti occupati in più a settimana.

Immaginando che tale saldo resti costante per le prossime 2 settimane ciò significa che il 23 gennaio potremo avere tra 400 e 500 pazienti in più in terapia intensiva superando i 2.000 casi.

Le chiusure (zone rosse) avverranno però solo nelle regioni che supereranno contemporaneamente i parametri del 30% di occupazione per le terapie intensive e del 40% in ricovero ordinario.

Numeri a mio parere allucinanti e che dovrebbero imporre chiusure ben prima di arrivare a tali livelli. Ma non preoccupatevi: chi resterà indietro (es. in arancione) avrà modo di rifarsi in pochi giorni.

E’ il momento dei saldi

Finora abbiamo parlato di terapie intensive ma lo stesso discorso vale per i ricoveri ordinari. Le terapie intensive sono però più sensibili agli scostamenti in quanto la capacità in termini di posti letto è molto minore rispetto ai letti di degenza ordinaria. I nuovi indicatori che si basano sulla occupazione dei posti letto hanno criteri più stringenti per le terapie intensive (10-20-30%) rispetto alle degenze ordinarie (15-30-40%) proprio per questo motivo.

E dal calcolo dei saldi (un calcolo banale) si possono avere indicazioni molto buone sul destino delle terapie intensive.

Prendiamo come esempio la mia Regione.

Piemonte: come passare da zona gialla a zona rossa senza toccare l’arancione

Il Piemonte è un caso classico di come sia azzardato declamare posizioni di primazìa che si trasformano in un pugno di mosche in pochissimo tempo. Un destino che purtroppo accomunerà gran parte delle Regioni (se non tutto il Paese) nella marcia verso la zona rossa.

Quando in Regione hanno scoperto che esisteva questa cartina dell’ECDC non si sono fatti sfuggire l’occasione:

30 novembre 2021 – Comunicato stampa Regione Piemonte: IL PIEMONTE RESTA REGIONE “GREEN” IN EUROPA:

Il Piemonte nel report settimanale dell’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive, si conferma una delle poche regioni “green”.

“Nonostante la crescita del contagio su cui resta massima la nostra attenzione – sottolineano il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e l’assessore alla Sanità, Luigi Genesio Icardi -, la nostra è una delle poche regioni in tutta Europa dove il contagio è ancora contenuto. Merito dei vaccini e dello sforzo che il nostro sistema sanitario accanto ai cittadini piemontesi sta facendo ininterrottamente ormai da quasi due anni per difenderci e portarci fuori da questa pandemia”.

Seguiranno altri comunicati stampa sempre meno trionfanti: i giornali seguono l’evoluzione con titoli che ricalcano tale parabola:

Il fatto che l’Italia stesse meglio di altri Paesi e che il Piemonte (con l’Umbria) stesse meglio di tutti non significa che noi avevamo fatto meglio ma semplicemente che eravamo in ritardo rispetto alla evoluzione della ondata attuale. Abbiamo già assistito più volte a esplosioni di casi e di contagi in alcuni Paesi (o Regioni) mentre altri godevano ancora di condizioni di bassissima contagiosità.

Nel marzo 2020 l’Italia fu travolta e solo dopo diverse settimane lo furono i Paesi Europei vicini. Ad aprile 2021 l’Italia rientrava in zona bianca ma in India scoppiava l’apocalisse della Delta. La variante Omicron ha iniziato a decollare in UK quando il resto d’Europa ancora era in una condizione di quasi assoluta normalità.

Quando l’Austria dichiarava il lockdown l’Italia era zona bianca.

Pertanto, se il Piemonte era “green” il 30 novembre 2021 ciò voleva solo dire che questa volta l’Italia (ed in particolare in Piemonte) avrebbero visto l’entrata in scena della nuova ondata per ultimi.

E’ un fenomeno noto in statistica come “regressione verso la media”. Purtroppo tale fenomeno è regolarmente ignorato e spinge ad affermare relazioni causa-effetto (quale quelle del comunicato stampa del 30 novembre) che in realtà non hanno alcuna base scientifica2. Le vaccinazioni hanno ridotto l’entità dei ricoveri rispetto all’anno scorso ma nulla potevano contro l’ondata di contagi e di ricoveri nei non vaccinati della nuova variante.

Il 9 dicembre 2021 il Piemonte aveva un tasso di occupazione:

  • del 7% in terapia intensiva;
  • del 7,6% per i ricoveri ordinari

ovvero zona bianca immacolata.

il 9 gennaio 2022 il Piemonte ha un tasso di occupazione

  • del 23,1% in terapia intensiva (seconda assoluta!) e del
  • 29,6% per i ricoveri ordinari (5a assoluta)

ovvero ad un passo dall’arancione.

Il fenomeno della regressione verso la media ha di nuovo agito come descritto da Sir Francis Galton alla fine dell’800.

In 30 giorni l’occupazione delle terapie intensive è triplicata. Quella dei reparti ordinari invece è quadruplicata. Siamo rientrati nel gruppo di testa e ora tiriamo la volata.

Ritorniamo ai saldi

Senza fare complessi calcoli matematici su modelli statistici basiamoci solo sui saldi positivi.

Iniziamo dalle terapie intensive in Piemonte. I dati dell’8 gennaio tratti dal database della Protezione civile sono i seguenti (riferiti al giorno precedente 7 gennaio 2021):

  • Posti occupati da COVID in terapia intensiva=145
  • Posti occupati da COVID in reparti ordinari=1.810
  • Nuovi ingressi in terapia intensiva=19

Il giorno prima i posti in terapia intensiva occupati da pazienti COVID erano pari a 137.

Quindi malgrado siano stati ammessi 19 pazienti nuovi il saldo è pari a (145-137)=7

Ovviamente, pur non sapendo esattamente quale sia stato il destino dei 12 pazienti che mancano per arrivare a 19, si tratta di persone che sono decedute o sono state trasferite in altri reparti.

Facendo a ritroso la differenza tra i posti occupati in due giorni vicini si ha una idea ben precisa di quanto è il carico aggiuntivo di pazienti giorno dopo giorno.

Lo stesso calcolo si può fare su base settimanale che è maggiormente adeguato perchè risente meno delle fluttuazioni che si verificano spesso nei week-end.

Ecco come sono aumentati i numeri dei nuovi pazienti ricoverati in terapia intensiva in Piemonte su base settimanale (al netto di trasferiti e deceduti).

Partiamo dalla data in cui il Piemonte era orgogliosamente “green” (30 novembre 2021). L’altezza delle barre indica il numero totale di degenti in terapia intensiva alla data indicata. Dalle settimane successive in poi (dal 7 dicembre) le barre hanno due componenti: in azzurro i degenti della settimana prima ed in arancione il saldo positivo (detratti decessi e trasferimenti). I saldi, settimana dopo settimana, sono sempre più elevati.

La stessa analisi è effettuata per i ricoveri in regime ordinario:

Anche qui è evidente che, di settimana in settimana, i saldi dei pazienti (da ricoverare!) aumenta ad un tasso che non è costante ma esponenziale.

Previsioni possibili

Il Piemonte sfugge all’arancione per un nonnulla. Ma fare previsioni sui posti occupati la prossima settimana non è difficile.

Terapie intensive:

Se prendiamo l’ultimo saldo settimanale (33) e lo aggiungiamo all’ultimo totale abbiamo:

145 degenti (al 9 gennaio) + 33 (saldo prossima settimana)=178

Ci teniamo bassi anche se è presumibile che il saldo sarà superiore. Ciò corrisponde al 28,3% di occupazione (ad un passo dalla zona rossa)

Ricoveri ordinari:

Se prendiamo l’ultimo saldo settimanale (403) e lo aggiungiamo all’ultimo totale abbiamo:

1.869 degenti (al 9 gennaio) + 403 (saldo prossima settimana)=2.272

39% di occupazione (anche qui vicinissimo alla soglia da zona rossa).

E’ verosimile che i saldi saranno superiori (basta vedere come le barre di colore arancione diventano sempre più alte).

Quindi i piemontesi possono stare certi: se non andiamo in zona rossa Lunedi 17 gennaio ci andremo sicuramente il 24 gennaio.

Ognuno di voi può fare i calcoli per la propria Regione.

E l’Italia?

Considerato che ormai anche i lockdown ed i coprifuochi sono divenuti “federalisti” non è che il dato sia determinate. Però, con la stessa metodologia possiamo ricavare gli stessi grafici:

Per le terapie intensive la situazione dell’ultimo mese è questa:

Per i ricoveri ordinari invece la situazione è la seguente:

A questo incremento continuo si sovrapporrà la esplosione di casi (con lo strascico di ricoveri) quarantene e isolamenti conseguente alla riapertura delle scuole.

Quand’è che basta?

La risposta è ovvia: quando finiremo in zona rossa con il coprifuoco allora basterà.


  1. Istat – impatto della mortalità da COVID gennaio-maggio 2020 (9 luglio 2020)
  2. The art of Statistics: learning from data. David Spiegelhalter. Pelican 2019

6 risposte

    1. Caro Franco la controinformazione, per quanto riguarda un altro ambito che ben conosci, è attiva dal maggio del 2021. A quasi un anno di distanza nessuna delle previsioni dei nostri “governanti” si è avverata. Finirà come il COVID? Anche in questo ambito Gabriele ha sempre avuto ragione, eppure è finita come sai.

  1. Carissimo Stefano, qualche anno fa, un autorevole ex-banchiere scrisse che da un po’ di tempo il futuro aveva smesso di essere ciò che era di solito. Purtroppo in queste condizioni le previsioni sono sempre più materia degli astrologi o di qualche pennuto. Ciao.

    1. Immagino di essere io il pennuto. Almeno di nome. Comunque non credo che riferirsi ad abbondante materiale bibliografico trattato da riviste scientifiche sia da additare come controinformazione. O si tratta di dati derivanti dalla protezione civile o di ricerche scientifiche con metodologia rigorosa. La “controinformazione” la fanno coloro che si basano su convinzioni personali, dogmi, complotti inesistenti, panzane assortite e via discorrendo.

      1. I significato del termine “controinformazione” nasce a indicare quell’opera che ha come scopo di rendere pubbliche quelle notizie che l'”informazione ufficiale” non da od omette o distorce o manipola per giungere a conclusioni che non riportano la realtà dei fatti.
        Il termine nasceva anche con una intrinseca valenza positiva proprio per questo.
        L’avvento di internet ha sicuramente reso più disponibile una quantità enorme di informazioni e conseguenti valutazioni della realtà diverse da quelle “ufficiali” ; purtroppo, essendo queste ultime informazioni diffuse senza nessun filtro, all’interno di questa enorme massa c’è di tutto e questa è la causa per cui l’attendibilità globale delle stesse informazioni diventa quantomeno dubbia se non del tutto inattendibile per chi le riceve che non ha strumenti per discriminare.
        Se , quindi, inizialmente queste notizie discordanti dall’informazione ufficiale avevano una utilità per porsi dei dubbi e approfondire in seguito l’informazione ufficiale ha adottato la tecnica di inondare il web con una massa di messaggi tendenti a sottovalutare o peggio a definire come “spazzatura del web” questo genere di “controinformazione” rendendola inutile.
        Questo é il vero problema e la mannaia cui soggiace la meritoria opera di Gabriele che tende invece a fornire una chiave di lettura degli eventi più completa, logica e documentata

  2. Mi piacerebbe sapere se é disponibile un data base che dica con precisione :
    1) quante persone vengono ricoverate per Covid in reparti ordinari
    2) quante di queste finiscono in Rianimazione
    3) quante entrano in Rianimazione e ne escono vive
    Se poi questi dati fossero correlati anche al dato vaccinati e non vaccinati.
    Sono sicuro che Gabriele ci riesce !

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