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“Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana e non sono sicuro della prima”

Albert Einstein

L’Hubei dello Stivale (Parte 87): Perchè il treno Omicron sta andando a tutta

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Negli ultimi giorni si sono moltiplicati gli articoli che propalavano la teoria paradossale della possibile uscita dalla pandemia grazie proprio al virus.

Gli articoli che affermano la “lievità” della variante Omicron sono ormai “debordanti” :

E’ evidente che lo spunto per questi considerazioni benevole è tratto da alcune ricerche provenienti da varie istituzioni governative e da articoli scientifici pubblicati in anteprima.

Alcuni di questi documenti sono stati citati nel post precedente tra cui il lavoro dei ricercatori di Hong Kong1 che evidenziava una maggiore capacità di replicazione della variante Omicron nelle prime vie aeree e una replicazione inferiore a livello polmonare.

Questo spiegherebbe la maggiore contagiosità della variante ed anche, secondo alcuni, la speranza questo comporti meno danni a livello polmonare.

Vi è poi un altro importante report dell’Imperial College ((il n. 50 che potete scaricare qui)) che, tra parentesi, smentisce in parte quanto affermato pochi giorni prima (nel report n. 49, il cui link trovate sempre nel precedente post).

Nel report n. 50 sono esaminati i casi ospedalizzati in cui era stato effettuato un sequenziamento genomico. Il rischio di ricovero viene analizzato a seconda che si trattasse di variante Delta o Omicron e differenziando i casi anche sulla base dello stato vaccinale.

Imperial College di Londra – Prima analisi: rischio di ricovero

Si distinguono due casi:

  • accesso in ospedale
  • ospedalizzazione (ovvero permanenza uguale superiore o uguale a un giorno)

L’accesso in ospedale può essere influenzato da criteri soggettivi mentre l’ospedalizzazione riflette la gravità reale della patologia.

Nella analisi pertanto si valuta il complesso degli accessi ospedalieri (inclusi gli accessi in DEA senza ricovero) che le permanenze in ospedale, siano esse di pochi giorni (in osservazione presso DEA) o ricoveri veri e propri.

In questa tabella sono indicati questi rischi confrontando Delta e Omicron:

Visto che la tabella e la sua interpretazione è complessa limitiamoci alle parti indicate dai riquadri rossi. Il primo riquadro a sinistra indica i casi che vengono trattenuti in ospedale per un tempo superiore o uguale ad 1 giorno (osservazioni brevi e ricoveri). Sulla destra il numero 0,72 è una stima del rischio di permanenza in ospedale dei pazienti con Omicron rispetto allo stesso rischio dei pazienti con Delta (Omicron:Delta HR= Hazard ratio di Omicron verso Delta).

Se non vi fosse differenza tra chi è affetto da variante Omicron rispetto a chi è colpito da variante Delta il valore sarebbe pari a 1. Se il valore è inferiore a 1 significa che vi sono meno casi di Omicron rispetto aI casi di Delta che vengono ricoverati. Questo valore di 0,72 significa che in prima approssimazione il rischio di ricovero è inferiore del 28% (0,28).

Il riquadro più in basso indica invece il rischio di essere “accettati” in ospedale (include tutti: anche coloro che vengono successivamente dimessi dal DEA senza ricovero nè osservazione). Anche in questo caso il rischio è inferiore (0,65) ovvero vi è una riduzione del rischio del 35% (0,35).

Imperial College di Londra – Seconda analisi: rischio ricovero per vaccinati

La stima del rischio di essere ospedalizzati se si viene contagiati da variante Omicron rispetto a Delta è stata analizzata in funzione anche della schedula vaccinale.

La tabella più interessante è la seguente:

Come già descritto nel post precedente le sigle nella colonna: Vaccination or reinfection category indicano lo status vaccinale dei pazienti ospedalizzati con variante Omicron accertata (tutti i booster sono con vaccino m-RNA). Ad esempio:

  • AZ:D2:<14 significa: due dosi di Astrazeneca senza booster m-RNA;
  • AZ:D3:14+ significa: due dosi di Astrazeneca con booster m-RNA dopo più di 14 giorni dal booster;
  • PF/MD:D3:14+ significa: 1a dose Pfizer, 2a dose Moderna e booster con vaccino mRNA dopo più di 14 giorni dal booster.

Anche se le stime risentono ancora molto della esiguità dei casi si possono apprezzare i seguenti dati:

  • di base un soggetto non vaccinato (unvaccinated) con Omicron ha un rischio di 0,76 di essere ricoverato rispetto ad un contagio da Delta (quindi una riduzione del 24%)
  • Se si esamina la categoria dei vaccinati il riferimento per ogni status vaccinale è quello dove vedete i trattini (ultima colonna). Per cui rispetto a chi ha fatto una sola dose di Astrazeneca (livello base) il rischio di ricovero decresce progressivamente aumentando il numero di dosi vaccinali (per AZ:D3:14+ il rischio è 0,21 ovvero il 79% in meno)
  • Se si esamina il rischio di ricovero in vaccinazione eterologa Pfizer/Moderna anche qui il rischio decresce rispetto a chi ha effettuato una dose sola (PF/MD:D1:<21)

Quali conclusioni è possibile trarre?

Il rischio di ospedalizzazione sembra più ridotto rispetto alla variante Delta e all’interno della categoria dei vaccinati una vaccinazione completa (1a, 2a e booster) sembrano ridurre ulteriormente questo rischio.

Tutti questi dati preliminari vanno però presi con le pinze.

Il Regno Unito sequenzia più di tutti i Paesi occidentali ma per ora i dati non possono ancora essere definiti statisticamente solidi.

Questo è l’avvertimento che si trova nel report:

Given the limited samples sizes to date, we caution about over-interpreting these trends

Il che significa: il trend sembra favorevole ma bisogna essere cauti nel tirare conclusioni affrettate. Ai giornali questa cautela sta sempre un po’ stretta perchè sennò si annacquerebbero troppo i titoloni.

Per cui è passata la linea che la Omicron è un raffreddore o una banale influenza.

Seconda considerazione importante è che ai ricercatori non è sfuggita la differente casistica in termini di età di questo studio: l’età media dei pazienti con Omicron che venivano ricoverati in ospedale era di 30.8 anni (95% CI:28.6-33.0) mentre quella dei ricoverati con variante Delta era di 38.3 (95% CI:37.5-39.1).

Quindi non è escludibile che il campione non sia bilanciato adeguatamente. Come sappiamo l’età è un fattore importante nel definire il rischio di ricovero.

Ultima considerazione che i ricercatori fanno è l’impatto numerico in termini assoluti delle ospedalizzazioni da Omicron.

Testualmente essi affermano:

However, these reductions should be balanced against the much larger risk of infection with Omicron, due to reduction in protection acquired from both vaccination and natural infection.

In altre parole: dato che il rischio di reinfettarsi è maggiore e che la contagiosità è molto più elevata, la riduzione del rischio di ospedalizzazione potrebbe essere una “vittoria di Pirro” dato che verrebbe più che bilanciata da una quantità maggiore di contagi che porterebbero ad un numero di ricoveri molto elevato.

Concetto ripetuto in tutte le salse dai ricercatori ma che, evidentemente, passa sempre sotto traccia.

I numeri sono importanti; le percentuali annebbiano il cervello

La minore severità (supposta) della variante Omicron dovrebbe essere soppesata con una contagiosità da Guinness dei primati.

Il report inglese che riportava la fase ascendente della variante Omicron metteva in grafico (come ogni settimana) la consistenza e la velocità di ascesa delle diverse varianti presenti nel Paese (5 dicembre):

Nello stesso report (il Technical Briefing n. 21) il tempo di raddoppio della variante Omicron veniva stimato in 2,5 giorni:

La scala a sinistra del grafico è logaritmica. Se in un scala logaritmica la salita è in linea retta la crescita è esponenziale (se la cosa vi incuriosisce, vedete il post sui logaritmi ).

Questo significa che ogni 2,5 giorni i contagi raddoppiano ed in brevissimo tempo essi diventeranno milioni.

Infatti il 20 dicembre, l’aggiornamento sui casi di varianti ha questo aspetto (il razzo in decollo verticale l’ho aggiunto io).

La rapidità di diffusione è un dato assodato. Ed il numero di contagi in tutta Europa è stato talmente elevato da battere tutti i record precedenti.

Solo in Piemonte Omicron non ha preso piede (non è vero ovviamente).

Il 23 dicembre il DIRMEI piemontese diramava questo comunicato ripreso dai giornali:

Quattro casi confermati e 10 in fase di accertamento. La bagna cauda probabilmente teneva lontana la variante dai confini sabaudi.

Ma torniamo al nocciolo della questione: bearsi della minore gravità (e letalità) della variante Omicron potrebbe quindi essere fatale per il nostro SSN e per le conseguenze proprio sul numero di decessi.

Questo concetto è molto noto in statistica e anche se sembra paradossale è abbastanza intuitivo.

Se ne parlava già a gennaio 2021 quando si ipotizzava una minore letalità della variante Alfa. Che era però più contagiosa della variante iniziale di Wuhan.

Immaginate una variante con R=1. Partiamo da 10.000 persone contagiate. Con un tempo di raddoppio di una settimana. Senza misure di contenimento avremo ad ogni passaggio altre 10.000 persone infettate nel giro di 7 giorni. Dopo 10 settimane avremo 100.000 persone contagiate. Se la letalità è dell’1% dopo 10 settimane avremo anche 1.000 morti.

Con una variante più letale del 30% e contagiosità identica i morti dopo 10 passaggi saranno 1.300.

Se invece consideriamo una letalità sull’1% ma una variante più trasmissibile del 30% genererà dopo 10 settimane 4.300 decessi.

Tratto da The Conversation: why being more transmissible rather than more deadly isn’t good news
Tratto da The Conversation: why being more transmissible rather than more deadly isn’t good news

Prendendo a prestito una bella dimostrazione del Prof. James Lawler della Università del Nebraska vediamo cosa succede con 4 varianti diverse che hanno contagiosità crescenti e letalità decrescenti.

In questo grafico avete 4 varianti con varie contagiosità e letalità (la letalità è il numero di persone che mediamente muoiono dopo l’infezione):

  • quella iniziale di Wuhan la cui contagiosità è rappresentata da R=2 e letalità (IFR=Infection Fatality Rate) dell’1%
  • Una seconda variante (variante1) con contagiosità simile (R=2) ma letalità doppia (IFR=2%);
  • Una terza variante (variante 2) molto più contagiosa (R=4) e letalità simile a quella iniziale (IFR=1%)
  • Una quarta variante (variante 3) con contagiosità molto elevata e letalità molto ridotta ovvero pari a un decimo della variante 2 (0,1%)

Simulando al computer un tempo di raddoppio ogni settimana non vi sfuggirà che, le varianti più contagiose, a parità di letalità o addirittura con letalità di molto inferiori, generano molti più decessi delle prime due varianti.

I ricoveri saliranno sempre di più

Visto che la simulazione è stata effettuata sui decessi va anche detto che la situazione si preannuncia identica sul lato dei ricoveri. Infatti se i decessi da variante meno letale ma molto più contagiosa possono sopravanzare i decessi da varianti meno contagiose e più letali, i ricoveri seguiranno la stessa legge.

Una variante con conseguenze meno severe e minor rischio di ospedalizzazione è una ottima notizia a parità di contagiosità. In caso contrario si tratta di una pessima novità.

Lasciar correre il contagio come si sta facendo ora porterà solo ad una situazione vicina al collasso per i sistemi sanitari.

C’è un dato che rende l’idea della gravità della situazione.

Non è il dato dei contagi (la maggiorparte sono persone asintomatiche o paucisintomatiche) e neppure quello dei decessi (i decessi sono nettamente inferiori).

Il dato preoccupante è l’incessante numero di nuovi ingressi particolarmente in terapia intensiva.

Le terapie intensive hanno meno letti e richiedono alta professionalità del personale, macchinari all’avanguardia e necessità logistiche e strutturali molto particolari.

Puoi creare ospedali da campo per le degenze ordinarie (seppur con inevitabili conseguenze sulla qualità della assistenza) ma non puoi fare la stessa cosa con le terapie intensive.

Ecco perchè i criteri più stringenti sulla occupazione dei posti letto riguarda proprio le terapie intensive.

Ebbene, oggi i nuovi ingressi in terapia intensiva sono 134 con un saldo positivo di 41 casi.

Il numero è identico a quello dei nuovi ingressi del 4 febbraio 2021 prima della violenta risalita del mese di marzo che portò a valori fino a 270-300 ingressi giornalieri.

Nulla fa presagire che ci sarà una inversione di tendenza nel breve termine, anzi, per essere chiari, i festeggiamenti di Capodanno porteranno ad un picco di ricoveri proprio nella settimana di ripresa lavorativa con l’aggiunta esplosiva della riapertura delle scuole.

Cause e rimedi

E’ ovvio che il vaccino (con il booster) riduce contagio e probabilità di ospedalizzazione. Ed è solo il vaccino (con booster) che evita che la simulazione matematica vista precedentemente diventi realtà.

Un ripasso dei dati dell’Istituto Superiore di Sanità (24 dicembre 2021) porta pertanto a inequivocabili conclusioni.

Un non vaccinato over 80 corre un rischio di finire in terapia intensiva 85 volte maggiore rispetto a una persona della stessa età che ha ricevuto tre dosi.

Tra i non vaccinati il tasso di decesso – nel periodo 29 ottobre-28 novembre – è di 23,4 per 100.000 persone, tra i vaccinati oscilla tra 1,6 di chi ha ricevuto la terza dose e 3,1 di chi ha fatto due somministrazioni da più di 150 giorni.

Se invece guardiamo a ospedalizzazioni e terapie intensive il tasso dei ricoveri in ospedale tra i No-vax è di 118,1 per 100mila persone e di 16,5 quello dei ricoveri in terapia intensiva, mentre nella popolazione vaccinata oscillano rispettivamente tra 9,4-20,5 e 0,8-1,4.

In queste 4 figure viene rappresentata, per le diverse classi di età, l’incidenza di contagio, di ricovero ordinario, di ricovero in terapia intensiva e di decesso per le seguenti categorie (barre di diverso colore):

  • Blu scuro (distinguibili a sufficienza solo nella tabella dei contagi): vaccinati con due dosi + booster
  • Giallo: vaccinati con due dosi da almeno 150 giorni
  • Azzurro: vaccinati con due dosi da meno di 150 giorni
  • Rosso: non vaccinati

Problema da scuola elementare:

  • visto l’incremento di ricoveri,
  • vista la carenza di personale per affrontare questa ulteriore ondata,
  • vista la insufficienza di materiale diagnostico per effettuare tamponi,
  • vista il progressivo collasso della medicina territoriale ed ospedaliera,
  • visto l’eccesso di mortalità per altre cause che questa situazione determina,
  • vista la drammatica carenza di assistenza verso le persone che hanno altre patologie, che necessitano di interventi, di diagnosi e di terapie,
  • considerato che la situazione è determinata (vedere figura) quasi esclusivamenteda da persone non vaccinate,
  • Appurato che ci sono oltre 8 milioni di persone in Italia non vaccinate,

Il discente offra una soluzione intelligente per invertire il trend attuale.

Risposta: modifichiamo le modalità di quarantena?

BOCCIATO.


  1. https://www.med.hku.hk/en/news/press/20211215-omicron-sars-cov-2-infection

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