Nell’ultimo post abbiamo descritto la alta contagiosità della Delta rispetto alla variante Alfa (autunno 2020-primavera 2021) che a sua volta era più contagiosa della variante iniziale di Wuhan.
Questo aumento di infettività è decisivo e porta alla sostituzione della variante fino a quel momento dominante.
Ogni variante che riesca a incrementare la diffusione prende pertanto il sopravvento.
Questa maggiore diffusione può essere determinata sia dalla capacità di replicarsi con maggiore velocità all’interno dell’ospite umano o dalla capacità di eludere il sistema immunitario o tutte e due le cose insieme.
Ma questo non avviene perchè il virus “pensa” o abbia strategie.
Il virus è un organismo inanimato. Semplicemente una variante più contagiosa spazza via quelle precedenti perchè essa ha un chiaro vantaggio evolutivo.
L’uomo su questo non fa eccezione. A differenza del virus egli pensa (anche se non sempre come dovrebbe).
Trovo pertanto splendido questo spezzone di Matrix che avevo già pubblicato all’inizio della pandemia (4 aprile 2020) che spiega sinteticamente come agisce il virus (e l’uomo):
Il virus si diffonde anche e soprattutto per via aerea
Abbiamo visto precedentemente che l’attack rate esprime la capacità di diffusione di un agente infettivo.

Nell’esempio della nave militare sudcoreana (precedente post) ed in altri casi di cui è piena la letteratura (cori, sale da ballo, scuole, ristoranti) la mancanza di protezioni (mascherine) e di distanziamento fa si che il virus possa diffondersi senza limiti tra le persone suscettibili.
Il motivo per cui un virus può contagiare con tale velocità dipende dal modo in cui si diffonde.
Il SARS-nCov2 non si diffonde solo con le goccioline ma anche e soprattutto per via aerea.
Su questo aspetto avevo dedicato tre articoli (post 48, post 49 e post 50) dal 7 al 19 dicembre 2020 corredati da decine di articoli scientifici in cui molti ricercatori facevano appello alla WHO. In quel periodo si moltiplicarono gli appelli alla Organizzazione Mondiale della Sanità per far si che riconoscesse la via di trasmissione aerea.
All’inizio della pandemia in Europa (28 marzo 2020) la WHO diffuse un tweet in cui si affermava:

Ovvero: il virus non si trasmette per via aerea. Proteggiti mantenendo un metro di distanza, disinfetta le superfici, lavati le mani e non toccarti il viso.
Liquidando le ipotesi di trasmissione per via aerea, la WHO ha commesso diversi errori:
- le evidenze che si sono accumulate successivamente hanno dimostrato il contrario;
- tale atteggiamento ha condizionato gli atteggiamenti e le prese di posizione dei Ministeri della Sanità dei vari Paesi (vedi ISS in Italia);
- il riconoscimento di una trasmissione per via aerea è stata molto tardiva.
Due mesi dopo (maggio 2020) la WHO ha parzialmente riconosciuto che la trasmissione per via aerea non potesse essere esclusa in spazi affollati e poco ventilati1
Ma ciò non era abbastanza. Le evidenze che si accumulavano deponevano per una trasmissione che le classiche goccioline e la precauzione del metro di distanza non potevano spiegare.
All’inizio del 2021, dopo ulteriori pressioni da parte dei ricercatori si è posto l’accento sulla necessità di ventilare i locali anche con estrattori d’aria in quanto la trasmissione per via aerea è decisamente più importante della disinfezione delle superfici (per i quali si spendono milioni di euro pur essendo una modalità di trasmissione del tutto residuale).
E così anche la WHO (ma solo il 1 marzo 2021, ovvero un anno dopo) ha riconosciuto che la ventilazione negli spazi chiusi è di importanza fondamentale 2 ammettendo che la trasmissione per via aerea è prevalente negli ambienti chiusi.
La cilindrata del virus: l’indice R0
Le patologie si diffondono per molte vie: oro-fecale, via sessuale, per contatto ed anche per droplets (goccioline).
La trasmissione airborne (per via aerea) è la più temibile. Innanzitutto è invisibile.
Essa consente all’agente patogeno di diffondersi a velocità elevatissime: i virus e i batteri a maggiore contagiosità si diffondono infatti per via aerea.
Per quanto Ebola sia una malattia terribile con una altissima letalità (che può arrivare al 90%) essa non si trasmette per via aerea. Se fosse stato così non si sarebbe potuta confinare in pochi Paesi e avrebbe invece assunto dimensioni catastrofali in tutto il mondo.
La contagiosità intrinseca della patologia si misura con un numero che si chiama R0. R0 è l’indice di riproduzione basale della patologia.
Questo numero riflette pertanto il potenziale infettivo della patologia. Il numero di R0 è il numero di infezioni secondarie generate da un caso iniziale (il caso indice) all’inizio della epidemia in una popolazione interamente suscettibile.
Se R0>1 l’epidemia continuerà a generare sempre più casi, se R0<1 l’epidemia è sotto controllo in quanto i casi continueranno a diminuire.
Questo video, prodotto dal Governo gallese fornisce una spiegazione intuitiva di R0
In questo post del 30 marzo 2020 avevo già parlato di questo indice. Ma facciamo un breve ripasso.
Perchè le cose (purtroppo) non solo sono cambiate ma stanno cambiando a gran velocità.
In termini di contagiosità l’R0 si può definire così: il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile ovvero che non sia mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente.
Un R0=3 indica che l’epidemia genererà un sempre maggiore numero di casi. In altre parole se l’R0 di una malattia infettiva è circa 3, significa che in media un singolo malato infetterà tre persone. Ognuna di queste persone ne infetterà altre 3 e cosi via con un incremento esponenziale. Quanto maggiore è il valore di R0 e tanto più elevato è il rischio di diffusione dell’epidemia. Se invece il valore di R0 fosse inferiore ad 1 ciò significa che l’epidemia può essere contenuta e si esaurirà in breve tempo.

Se il numero di persone immuni all’agente patogeno aumenta (perchè hanno contratto la patologia o perchè esiste un vaccino che li immunizza) la trasmissione può bloccarsi. Il valore critico (Ic) necessario per ottenere questo equilibrio si calcola proprio a partire da R0.

Quindi se R0=3 il valore critico Ic=0,67.
Serve pertanto che il 67% della popolazione non sia più suscettibile (immunità naturale conseguita dopo la malattia o tramite vaccino) per impedire la progressione della epidemia.
Ecco cosa avviene con una epidemia con R0=3 e un 67% di persone immuni:

Il caso indice dovrebbe in media contagiare 3 persone ma due di queste (il 67%) sono immuni. La persona contagiata troverà in media il 67% di persone immuni e in tal modo invece di osservare una progressione esponenziale il contagio sarà limitato con un numero medio di persone contagiate da un singolo infetto pari a una persona. Se le persone immuni salissero oltre il livello del 67% l’epidemia è destinata a spegnersi in quanto il numero di contagiati non riuscirà più a salire.
Infatti con un R0=0,5 una persona in media non potrà più contagiare più persone.
Dieci persone infette ne contageranno in media 5 e a sua volta queste 5 ne contageranno poco più di 2. In questo modo, in un determinato intervallo temporale non ci saranno più casi.
Il termine “in media” è un concetto astruso per l’ex Assessore alla Sanità della Regione Lombardia Gallera che affermava che con un indice di 0,5 “ci vogliono almeno due persone per contagiare me ed è difficile trovare due persone che mi contagino”.
In realtà forse involontariamente egli pensava che ci volevano almeno due persone per mettergli la camicia di forza:
Confrontiamo le “cilindrate” dei diversi virus
La varicella ed il morbillo sono malattie estremamente contagiose.
L’altissima percentuale di contagiati e l’ignoranza totale sugli effetti anche seri (fino alla morte) di una patologia erroneamente considerata innocua, ha fatto affermare ad alcuni imbecilli l’utilità dei “varicella-party” (o la sua variazione “morbillo-party) al posto della vaccinazione.

Nel caso delle malattie più note (grafico tratto da Goats and Soda) l’R0 è il seguente (Chickenpox=Varicella, Mumps=Parotite, Measles=Morbillo):

Il morbillo è, ad oggi, imbattibile. L’R0 del morbillo è pari a 18. E’ praticamente impossibile che un soggetto suscettibile non si contagi venendo a contatto con un soggetto infetto o entrando in una stanza in cui ha soggiornato un soggetto malato.
Anche la parotite (mumps) con un R0=12 non scherza. Insieme alla varicella (Chickenpox; R0=10) ha una contagiosità elevatissima.
Purtroppo (cerchio rosso e cerchio viola) il SARS-Cov-2 con la variante delta ha fatto un grande salto qualitativo. Il suo R0, rispetto alla variante iniziale di Wuhan, è più che raddoppiato (da R0 di 3 a R0 di 7).
Questa differenza è notevolissima, molto di più di quanto dica l’aritmetica spiccia.
Il salto di contagiosità non è descritto dalla differenza tra i due valori ma dalle conseguenze che si hanno con la crescita esponenziale. Per un ripasso su esponenziale e logaritmi cliccate qua.
Col ceppo originario una persona contagiava in media 3 persone e ciascuna di queste ne contagiava altre 3.
- Dopo due passaggi si avevano 9 contagiati.
- Dopo 3 avremmo avuto 27 contagiati
- Dopo 4 passaggi 81 contagiati
In questa tabella ho rappresentato la progressione di 4 patogeni: Variante alfa e delta del COVID-19, varicella e morbillo in modo che possiate apprezzare come differenze di R0 possono far esplodere le epidemie più di quanto si possa immaginare:

E’ quindi evidente che la variante Delta sia di gran lunga più pericolosa della variante Alfa. Dopo soli 4 passaggi invece di avere 81 contagiati ne abbiamo ben 2.401! Senza vaccini e senza misure di mitigazione epidemie di tale forza si possono rallentare solo con un lockdown dopo l’altro.
Se paragonassimo l’agente patogeno ad una vettura, R0 rappresenterebbe la “cilindrata” dell’automobile.
Una macchina infatti corre tanto più veloce quanto più è potente il suo motore.
La variante Delta è ormai annoverabile tra le macchine da corsa appena sotto il livello delle Ferrari e delle Lamborghini di Morbillo, Parotite e varicella.

Come la potenza del motore dipende da vari fattori meccanici anche l’R0 degli agenti patogeni dipende da diversi parametri. Essi sono:
- La durata della contagiosità dopo che il soggetto si infetta
- La probabilità di trasmissione dopo un contatto tra persona infetta ed una suscettibile
- Il contact rate ovvero il tasso di contatti possibili che avvengono nella popolazione
Esaminiamo le prime due caratteristiche: durata della contagiosità e probabilità di trasmissione.
Più la fase contagiosa è prolungata più è lungo il periodo in cui la persona può trasmettere il virus ad altre persone. Un fattore che può evitare la diffusione è la comparsa di sintomi che costringano il paziente a letto (a casa o in ospedale). In questo caso, per quanto lunga sia questa fase la capacità di contagiare altre persone inevitabilmente si riduce.
Purtroppo il SARS-nCov2 ha una pessima caratteristica: quasi la metà dei contagiati è totalmente asintomatica3. In questa situazione la durata del contagio può essere sfruttata dal virus dall’inizio alla fine e quindi, in assenza di altre misure di mitigazione, il soggetto diffonde il contagio per molti giorni.
La SARS del 2003, pur essendo più letale, si differenziava nettamente dalla SARS-Cov24. I motivi per cui non si è diffusa con la velocità del COVID-19 si possono in parte spiegare con queste caratteristiche.
La SARS determinava l’ospedalizzazione di oltre il 70% delle persone contagiate. Il 40% dei contagiati finiva direttamente in rianimazione. La letalità superava il 10% dei contagiati. Dati che fanno impallidire il COVID-19.
Ma c’erano importanti e decisive differenze:
- la massima contagiosità avveniva quando il paziente era già isolato (o spesso ricoverato);
- la proporzione di soggetti asintomatici o con pochi sintomi era molto bassa;
- il virus aveva una predilezione per le basse vie respiratorie e quindi era più difficile la diffusione del contagio (il SARS-Cov2 si localizza anche nel nasofaringe con contagiosità molto più elevata)

La durata della fase contagiosa e la probabilità di trasmissione sono pertanto molto più favorevoli al SARS-Cov2.
I parametri 1 e 2 (durata del contagio e probabilità di trasmissione) non li decidiamo noi. Sono caratteristiche del virus.
Il terzo parametro rappresentato dal contact rate, ovvero la probabilità che i soggetti contagiati possano venire in contatto con altri soggetti, dipende invece da noi.
E’ l’unico modo che abbiamo, oltre ai vaccini, per ridurre la diffusione del contagio.
Continuando il paragone con l’autovettura è come se disponessimo di una supercar con determinate caratteristiche (cilindrata, aerodinamica, tenuta di strada etc.) che rendessero la vettura potenzialmente velocissima.
Queste caratteristiche sono la durata del contagio e la probabilità di trasmissione tra un soggetto contagiato ed uno suscettibile.
Il terzo parametro (la probabilità di contatti tra la popolazione) è paragonabile all’acceleratore.
Noi abbiamo la possibilità di premere quel pedale rendendo la vettura veloce, sempre più veloce o addirittura incontrollabile.
Se fossimo degli incoscienti la vettura si schianterebbe. Se riuscissimo a controllarci, guidando sobriamente, la vettura procederebbe ma a velocità ridotta.
Da come gestiamo il gas della vettura avremo effetti molto diversi.
Questi effetti si misurano con il parametro Rt, quello di cui tutti hanno sicuramente sentito parlare.
L’Rt è la velocità della pandemia.
Tanto più veloce corre l’Rt e prima ci schianteremo. Come l’Austria e come tutti i Paesi dell’Est Europa.
Ricordate il post a 150 km/h contro un muro? Il senso è quello.
Nel prossimo post verificheremo quali sono i fattori che misurano la velocità di una pandemia.
- ‘Why Indoor Spaces Are Still Prime COVID Hotspots’. n.d. Nature. https://doi.org/10.1038/d41586-021-00810-9. ↩
- World Health Organization. Roadmap to Improve andEnsure Good Indoor Ventilation in the Context of COVID-!” (WHO, 2021); available at https://go.nature.com/’rims#p. ↩
- Oran DP, Topol EJ. Prevalence of Asymptomatic SARS-CoV-2 Infection. Ann Intern Med. 2021 Feb;174(2):286-287. doi: 10.7326/L20-1285. PMID: 33587872. ↩
- Petersen, Eskild, Marion Koopmans, Unyeong Go, Davidson H. Hamer, Nicola Petrosillo, Francesco Castelli, Merete Storgaard, Sulien Al Khalili, and Lone Simonsen. 2020. ‘Comparing SARS-CoV-2 with SARS-CoV and Influenza Pandemics’. The Lancet Infectious Diseases 20 (9): e238–44. https://doi.org/10/gg5r78. ↩