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“Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana e non sono sicuro della prima”

Albert Einstein

L’Hubei dello Stivale (Parte 59) – Ignoranti, ignavi e pillole pericolose: il caso idrossiclorochina in Piemonte (e nel Mondo)

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Iniziò tutto con noto infettivologo di Marsiglia che pubblicò su una rivista scientifica un articolo stracolmo di errori procedurali, metodologici e statistici da far impallidire gli omeopati1. Dopo pochi giorni fu anche svelato un imbarazzante conflitto di interessi da parte di uno dei coautori che era anche (ma guarda un po’) editore della rivista su cui veniva pubblicato questo “studio-monnezza”. Il direttore della rivista non si era fatto molti scrupoli nella revisione critica della pubblicazione prima di darlo alle stampe dato che così poteva allungare il suo curriculum. La stessa casa editrice sbugiardò articolo, direttore e i metodi utilizzati.

Ma la diffusione fu virale.

Talmente virale che il SARS-nCoV2 impallidì di fronte a tale contagiosità e cominciò ad avere problemi di autostima.

Il contagio mediatico diviene inarrestabile

Giornali, TV, opinionisti, imbonitori, popolino-social furono travolti dal potere taumaturgico della magica pillolina che avrebbe risolto il problema del COVID-19.

Il carico da novanta ce lo misero grandissimi esperti di farmacologia: Donald Trump negli USA, noto oppositore di tutte le contromisure di mitigazione e delle mascherine; Bolsonaro in Brasile, che dopo aver silurato 2 Ministri della Sanità in un mese ha messo al loro posto un generale. Bolsonaro è altrettanto noto per i suoi bagni di folla (rigorosamente senza mascherina) mentre il suo Paese diventava di diritto quello con il maggior numero di morti dopo gli USA. Ambedue i soggetti predicavano che il COVID se ne sarebbe andato in breve tempo e che era solo una banale influenza.

Anche Narendra Modi, primo ministro populista indiano sposò appieno la teoria della pillola magica oltre a vari capi di Stato ansiosi nel dimostrare che loro avevano la soluzione a tutti i problemi.

Negli USA la diffusione della notizia del farmaco miracoloso fu veramente “virale”. Negli USA, grazie al contributo di un avvocato esperto di transazioni finanziarie il quale si spacciava per “ricercatore alla Università di Stanford” che rilasciava interviste in grandi emittenti televisive, il dogma era uno solo: la pillolina previene il COVID, ne riduce i sintomi, anzi no, lo cura.

La diffusione del contagio da ignoranza fu a questo punto planetaria. Donald Trump ne parlò ripetutamente in conferenza stampa affermando che lui stesso la assumeva regolarmente. Malgrado le cautele, i distinguo, gli appelli alla moderazione e l’invito a valutare criticamente i dati, ormai il mantra era solo uno: l’idrossiclorochina funziona.

La bufala della idrossiclorochina

A questa enorme bufala che farebbe impallidire terapia Di Bella, terapia Vannoni, siero di Bonifacio, le stigmate di Padre Pio e tutte le apparizioni delle madonne avvistate in quasi tutte le più remote zone del pianeta, non c’era modo di porre alcun argine.

La idrossiclorochina (nome commerciale Plaquenil) contro il COVID-19 non serve assolutamente a nulla.

La mia affermaziona non è apodittica (alla Trump & co. per intenderci) ma sono basate su decine e decine di articoli scientifici (sottolineo scientifici) che in parte elencherò in bibliografia.

La differenza tra quanto appurato dalla ricerca e da chi afferma ancora oggi la validità di queste terapie è rappresentabile da una semplice contrapposizione:

Scienza contro abissale ignoranza.

Metodologia rigorosa contro populismo da imbonitori.

Ragione contro arroganza.

Dal 14 aprile 2020 ho iniziato a pubblicare una serie di post su questa storia assurda dal quale possiamo trarre molte utili lezioni.

Il primo post (aprile 2020) sull’argomento “L’ingannevole rettilineo della idrossiclorochina” descriveva la plausibilità biologica (teorica) della idrossiclorochina per trattare i pazienti COVID-19 in una fase in cui non vi era alcuna certezza terapeutica.

Il post successivo “Cosa c’è di virale in questo studio?” descrive come la conferenza di stampa ed i tweet di Trump insieme ad un impostore scatenino la campagna mediatica. Nel post si comincia ad analizzare la pubblicazione “farlocca” del Prof Raoult (quello di Marsiglia).

L’analisi della pubblicazione viene trattata nel post “Il farmacopopulismo della idrossiclorochina” e nel post “Il Professor Fantozzi commenta lo studio sulla idrossiclorochina”.

Nel post: “Da Raoult a Trump alla Regione Piemonte” si conclude l’analisi della totale inadeguatezza e inaffidabilità dello studio di Raoult e si approfondisce il battage mediatico senza freni di Trump, con l’oscuro Avvocato Rigano, millantatore da quattro soldi.

In questo post si analizzano anche le linee guida approvate dalle società scientifiche piemontesi di Medicina Generale con il contributo decisivo del Comitato Tecnico Scientifico dell’Unità di Crisi del Piemonte quando già era noto che lo studio di Raoult puzzava di bruciato.

Piemonte, baluardo del populismo farmacologico

L’Assessore alla Sanità Genesio Icardi approfitta anche lui della possibilità di ribalta mediatica e potendo offrire come Trump e Bolsonaro la pillola risolutiva vola a Roma dal Direttore dell’AIFA affermando il falso (23 luglio 2020):

L’esperienza maturata in Piemonte ha dimostrato una certa efficacia dell’idrossiclorochina, soprattutto nella cura dei pazienti a domicilio, durante i primi giorni del manifestarsi della malattia.

Nell’articolo il Genesio della lampada e la banda degli idrossiclorochinari (prima parte) potete apprezzare il vuoto pneumatico che domina il ragionamento di Icardi.

Non cita neppure uno studio scientifico.

Zero.

Lui afferma che funziona. Lui e i suoi sodàli. Medici che per qualche ragione (che vedremo dopo) hanno interesse ad avere ribalta mediatica o qualche posticino che possa elevare il loro amor proprio.

Gli studi ci sono. E raccontano tutta un’altra storia

Gli studi (scientifici; quelli veri) sono ormai numerosi ed Icardi ed i suoi amici se li sono persi tutti. Come quando capitava di abbonarsi a Topolino e qualcuno sottraeva il periodico al destinatario. Icardi ed i suoi amici dottori si sono persi intere collane di editoriali, approfondimenti, studi singoli, osservazionali, randomizzati, meta-analisi.

Nell’articolo successivo: il Genesio della lampada e la banda degli idrossiclorochinari (seconda parte) vengono elencati 13, studi adeguati per metodo scientifico, tutti negativi.

Ma Icardi ed i suoi amici dottori insistono:

L’idrossiclorochina riduce i decessi e la durata di degenza? NO

Nel periodo in cui Icardi compie le sue missioni a Roma portando con sè le sue innate competenze di farmacologo, escono una quantità di articoli che letteralmente “sotterrano” l’ipotesi terapeutica della idrossiclorochina.

Il 5 giugno viene annunciato il risultato del primo grande studio randomizzato e controllato. Si tratta dello studio RECOVERY coordinato dalla Università di Oxford. E’ uno studio in realtà molto più grande che ha consentito di saggiare più terapie per il COVID-19. E’ lo stesso studio che ha dimostrato inequivocabilmente che il desametazone per i pazienti intubati e critici salva vite umane. La parte dello studio in cui viene saggiata la idrossiclorochina è chiarissima.

Ad un gruppo di pazienti (1.542) viene somministrato il farmaco mentre ad un altro gruppo (3.132) non viene somministrato. I risultati sono chiari: nessuna differenza nella mortalità e nella durata della degenza.

Il risultato dello studio è talmente netto che il Dott. Martin Landray uno dei principali sperimentatori della

University of Oxford afferma2:

“Se tu, tua moglie o tua madre veniste ricoverati in ospedale e vi prescrivessero l’idrossiclorochina, non prendetela”

Lo studio completo verrà pubblicato ad ottobre sul NEJM3.

Stessi risultati otterrà uno studio brasiliano in cui verrà utilizzata la associazione idrossiclorochina + azitromicina. I casi erano tutti lievi o moderati4. Risultati? Nessuna differenza.

Ma gli “idrossiclorochinari” resistono.

L’idrossiclorochina previene il COVID dopo un contatto stretto? NO

Quando le evidenze diventano mano a mano soverchianti, spunta un’altra ipotesi: noi non diciamo che bisogna darla in ospedale; la idrossiclorochina va data come profilassi per evitare che compaiano sintomi dopo una esposizione a rischio.

Il 6 agosto 2020 David Boulware della Università del Minnesota ed altri colleghi pubblica il risultato di un ampio studio randomizzato in cui a soggetti con esposizione ad alto rischio viene data, in maniera casuale o l’idrossiclorochina o il placebo (postexposure prophylaxis – PEP)5.

Risultato: nessuna differenza. La percentuale di soggetti che sviluppano la patologia è praticamente la stessa: intorno al 13%

Allo stesso modo il 24 novembre compare, sempre sul NEJM un grosso studio su oltre 2.300 persone esposte ad un contatto stretto. Lo studio, coordinato dalla Università di Barcellona randomizza ad assumere idrossiclorochina e placebo: anche qui nessuna differenza (circa il 17% dei soggetti in ambedue i gruppi svilupperanno il COVID6).

Anche l’ipotesi che l’idrossiclorochina riduca la carica virale del soggetto esposto o che sia maggiormente efficace a seconda della precocità della terapia viene esclusa:

Ritorniamo ai modelli sperimentali: ma l’idrossiclorochina inibisce la prolifezione virale? NO

A luglio 2020, quasi contemporaneamente Nature pubblica con procedura accelerata due studi sulla idrossiclorochina in modelli sperimentale e umani.

La procedura accelerata per Nature è molto rara: viene adottata solo quando l’importanza dei contenuti dello studio non può attendere un completo processo di revisione e viene pubblicata il prima possibile per informare la comunità scientifica (anche Icardi che, si sa, non è scienziato ed i suoi amici dottori che, parrebbe, non li hanno letti).

La stessa procedura accelerata era stata adottata per l’articolo di Crisanti sui tamponi a tappeto nella cittadina di Vò Euganeo.

Si tratta di due articoli che sono pongono la parola fine alla ipotesi scientifica iniziale.

All’inizio della pandemia non c’era evidentemente il tempo di procedere secondo i passaggi previsti per la verifica dell’efficacia di un farmaco. Una ipotesi che ritenga un farmaco in grado di trattare una patologia deve necessariamente partire da un modello sperimentale per poi procedere ad effettuare verifiche su un modello animale. Infine si passa alla fase di sperimentazione sull’uomo.

Il metodo scientifico è fatto di ipotesi (che vanno confutate) e di “prove” ovvero di sperimentazioni che confermino o rigettino l’ipotesi.

Tutte cose che Icardi può ripassarsi (o studiare da zero).

Per l’idrossiclorochina la plausibilità biologica si rifaceva al fatto che vi erano dimostrazioni (in vitro ma poi smentite in vivo) che il farmaco inibisse la replicazione virale di vari agenti patogeni. Inoltre la idrossiclorochina si utilizza da tempo per malattie autoimmuni come immunomodulante (Lupus, Artrite reumatoide ad esempio).

Invece che procedere con studi randomizzati e controllati è avvenuto che si sia magnificato un farmaco poco costoso ed ampiamente disponibile prima di averne qualsiasi dimostrazione.

Ma i due studi di Nature riportano con i piedi per terra tutti (o quasi tutti). Non c’è nessuna evidenza che l’idrossiclorochina funzioni contro il COVID-19. Nessun farmaco con queste premesse poteva mai essere approvato per l’uso contro il SARS-nCov-2 perchè non avrebbe neppure superato le prime fasi di sperimentazione.

Cosa dicono questi due studi lo saprete la prossima volta: non vorrei che ad Icardi ed ai suoi amici dottori venisse il mal di testa per la eccessiva concentrazione.

(Segue nel post successivo)


  1. Gautret, Philippe, Jean-Christophe Lagier, Philippe Parola, Van Thuan Hoang, Line Meddeb, Morgane Mailhe, Barbara Doudier, et al. 2020. ‘Hydroxychloroquine and Azithromycin as a Treatment of COVID-19: Results of an Open-Label Non-Randomized Clinical Trial’. International Journal of Antimicrobial Agents, March, 105949. https://doi.org/10.1016/j.ijantimicag.2020.105949.
  2. Kupferschmidt, Kai. 2020. ‘Big Studies Dim Hopes for Hydroxychloroquine’. Science 368 (6496): 1166–67. https://doi.org/10/gh7d7p.
  3. Group, The RECOVERY Collaborative. n.d. ‘Effect of Hydroxychloroquine in Hospitalized Patients with Covid-19’. New England Journal of Medicine. https://doi.org/10.1056/NEJMoa2022926.
  4. Cavalcanti, Alexandre B., Fernando G. Zampieri, Regis G. Rosa, Luciano C.P. Azevedo, Viviane C. Veiga, Alvaro Avezum, Lucas P. Damiani, et al. n.d. ‘Hydroxychloroquine with or without Azithromycin in Mild-to-Moderate Covid-19’. New England Journal of Medicine. https://doi.org/10.1056/NEJMoa2019014.
  5. Boulware, David R., Matthew F. Pullen, Ananta S. Bangdiwala, Katelyn A. Pastick, Sarah M. Lofgren, Elizabeth C. Okafor, Caleb P. Skipper, et al. 2020. ‘A Randomized Trial of Hydroxychloroquine as Postexposure Prophylaxis for Covid-19’. New England Journal of Medicine 383 (6): 517–25. https://doi.org/10/dxkv.
  6. Mitjà, Oriol, Marc Corbacho-Monné, Maria Ubals, Andrea Alemany, Clara Suñer, Cristian Tebé, Aurelio Tobias, et al. 2020. ‘A Cluster-Randomized Trial of Hydroxychloroquine for Prevention of Covid-19’. New England Journal of Medicine, November. https://doi.org/10/ghmbq5.

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