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“Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana e non sono sicuro della prima”

Albert Einstein

L’Hubei dello Stivale (Parte 34) – Epidemie, pandemie e spillover; da dove vengono i nuovi coronavirus?

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(continua da parte 33)

I nuovi coronavirus del 21° secolo originano anche essi da spillover: da una specie serbatoio, che non patisce alcuna conseguenza dalla presenza del virus nel proprio organismo, ad un’altra specie (o a più specie) che fungono da amplificatori (specie ospite) e che alla fine trasmettono il virus all’uomo.

La maggiorparte dei virus che affliggono l’umanità si sono evoluti in questo modo.

Altri virus sono invece tipici della specie umana. Quindi non sono zoonotiche. Il vaiolo ad esempio colpisce solo la specie umana (in laboratorio è stato inoculato anche ad altre specie ed esiste anche un tipo di vaiolo che colpisce solo le scimmie, ma è un’altro discorso). Il virus del vaiolo fu debellato grazie al vaccino proprio perchè esso non poteva albergare in altre specie animali. La sua circolazione tra le varie specie animali non era possibile. Stesso discorso per la poliomelite che è stata praticamente cancellata ad eccezione di sporadici focolai. Anche questo virus non ha dove nascondersi. Ed anche il morbillo ha questa caratteristica. Come per vaiolo e poliomelite il morbillo può essere debellato con il vaccino. Purtroppo, fake news sulla falsa correlazione con l’autismo e bande di decerebrati no-vax hanno reso tale obiettivo fino ad ora non raggiungibile.

Specie serbatoio e specie ospite. L’esempio della rabbia

Nel complesso meccanismo che porta un virus a effettuare i “salti di specie” vi sono alcuni protagonisti che i virus utilizzano per restare nel nostro pianeta. Le specie serbatoio o reservoir fungono da fonte di diffusione per gli animali che servono ad amplificare il virus stesso. Passaggi multipli su specie ospiti possono determinare acquisizione di ulteriori caratteristiche patogenetiche a seguito delle frequenti mutazioni che i virus subiscono durante la replicazione. Ad esempio il virus della rabbia è presente in una specie serbatoio rappresentata dal pipistrello. Le specie ospiti sono invece molteplici. Se guardiamo questa figura tratta dal sito dell’OMS possiamo renderci conto di quante possano essere le specie ospiti di questo virus.

Sebbene il 90% dei decessi tra la specie umana sia determinata dal morso di cani, il numero di specie ospiti è notevolissimo:

Tratto dal sito WHO
Tratto dal sito WHO

Ogni zona del pianeta ha una differente rappresentazione delle specie ospiti che possono contrarre e trasmettere la rabbia (una delle più rappresentate è la volpe ed il cane).

Tratto dal sito WHO
Tratto dal sito WHO

La rabbia è stata praticamente debellata in Europa, in Australia e in America del Nord in quanto il cane, animale con cui abbiamo più contatti, è addomesticato e regolarmente vaccinato. I 59.000 casi mortali (ampiamente sottostimati) avvengono comunque ancora in 150 Paesi diversi ed il 95% di essi sono localizzati in Africa ed in Asia.

Iwet markets

Il termine wet markets ha origine dal fatto che si tratta di grandi mercati dove si vende un po’ di tutto: vegetali, frutta, carne e pesce. I pesci sono spesso tenuti vivi in grossi vasconi. Spesso l’acqua straborda dai recipienti e il terreno del mercato è spesso bagnato. Da qui il nome.

All’interno di questi mercati si può trovare carne già macellata di animali di ogni tipo (pollame, maiali, bovini, piccioni, oche, rettili e varie specie selvatiche) ma molto spesso, fino all’ultima pandemia, molti di questi mercati commerciavano animali vivi che venivano macellati sul posto. A dispetto della ampia disponibilità di sistemi di refrigerazione, in Asia si preferisce acquistare direttamente l’animale vivo e macellato sul posto quale garanzia di freschezza.

Questa preferenza non si sposa in molti casi con la necessità di condizioni igieniche adeguate.

In particolare il consumo di animali selvatici in questi mercati (particolarmente in Cina, ma non solo) non è più legato come in passato alla necessità di alimentare una popolazione di oltre un miliardo di persone. Attualmente chi predilige la specie selvatica e particolarmente ricercata appartiene alla media-alta borghesia che ritiene tale consumo come il raggiungimento di un benessere economico o addirittura come una ostentazione di ricchezza. Alcune credenze popolari e la medicina cinese, assai diffusa, attribuiscono inoltre al consumo di certe specie animali proprietà curative o addirittura afrodisiache. Una delle specialità culinarie per cui esiste una credenza di questo tipo è ad esempio il “pene di tigre”. Il consumatore evidentemente non sa che l’unica trasformazione mistica che può capitare nell’addentare tale cibaria è quello di trasformarsi solamente in una emerita testa di cazzo.

In città come Canton si contano oltre duemila ristoranti che servono cibi a base di animali selvatici quali serpenti, tartarughe ed ogni altra (per modo di dire) prelibatezza.

Già l’epidemia di SARS nel 2002-2003 fu fatta risalire al commercio ed il consumo di specie selvatiche nei mercati delle città cinesi (wet markets)1.

In questi luoghi gli esemplari sono:

rinchiusi in spazi angusti, spesso a stretto contatto con altre specie selvatiche e domestiche (gatti e cani). L’uso di gabbie a rete, impilate l’una sull’altra, fa si che che le deiezioni degli animali posti in alto cadano su quelli in basso. Praticamente un manicomio zoologico2.

Gli animali vengono pertanto macellati sul posto a richiesta dei clienti. Nella Cina del Sud quasi tutte le grosse città hanno (avevano dopo le ultime restrizioni) questo tipo di mercati. Potete immaginare tra sangue, feci, urine di animali vari tra cui manguste, pangolini, serpenti e molto altro ancora possa capitare qualche fenomeno biologico.

Animali-infezioni-epidemie e forse pandemie

In natura ogni virus ha le sue preferenze ma nessuno di loro va tanto per il sottile. Ci sono virus che determinano patologie solo negli animali, altri che preferiscono noi umani. Ma esistono virus che possono colpire sia animali che umani, che possono effettuare il salto di specie da animale a uomo (zoonosi) o un salto di specie da uomo ad animale (antroponosi). Le probabilità per “saltare” sono proporzionali alle “occasioni” che diamo a questa entità biologica.

I mercati di pollame vivo (in condizioni non proprio ideali di salubrità) sono state responsabili di una epidemia di influenza aviaria H5N1 in un mercato di Hong Kong nel 1997.

Il “salto” ha determinato 18 infezioni e 6 decessi. Da allora il virus aviario è stato trovato nei polli e in volatili selvatici di oltre 50 Paesi. Fortunatamente i casi tra la specie umana sono stati sporadici e strettamente correlati alla vicinanza con volatili infetti in quanto il contagio tra umani è molto meno efficiente. La patologia quando colpisce la specie umana è molto severa (highly pathogenic avian influenza – HPAI). Mutazioni e riassortimenti con altri virus (ad esempio influenzali) potrebbero far acquisire a questo virus una potenzialità diffusiva tale da provocare una pandemia.

Ed una letalità del 30% per una pandemia sarebbe una vera apocalisse.

Questo è il motivo per cui ad Hong Kong furono prese misure draconiane: chiusura di tutti i mercati, uccisioni di tutti i polli di Hong Kong (circa un milione e mezzo) ed una decontaminazione di sette settimane.

L’inizio della epidemia di SARS fece pensare ad una riattivazione di H5N1 in quanto i sintomi erano praticamente simili e con conseguenze gravissime dal punto di vista polmonare. Quando il virus responsabile fu identificato i ricercatori restarono interdetti: “ma come, un coronavirus? Uno di quei virus che provocano il raffreddore?”.

Quando si cominciò a cercare l’animale che aveva trasmesso questo virus le analisi si concentrarono sulla civetta delle palme mascherata (o zibetto) in cui si rivelò la presenza del SARS-CoV.

Un esemplare di zibetto ("civet cat")
Un esemplare di zibetto (“civet cat”)

Anche in questo caso seguirono stragi di animali selvatici e allevati in cattività (diverse migliaia). Finchè si dimostrò che lo zibetto non era il serbatoio ma solo l’ospite di amplificazione.

Questo articolo apparso su Science nel 20053 ha chiarito la questione: anche in questo caso l’origine del coronavirus della SARS va fatta risalire a un tipo di pipistrello (del genere Rhinolophus) detto pipistrello “a ferro di cavallo”

Tale specie di pipistrello funge pertanto da serbatoio ed il passaggio allo zibetto ed ad altre specie macellate e vendute in un wet market avrebbe favorito la diffusione, la moltiplicazione ed il salto di specie all’uomo.

La mappa filogenetica dell’articolo del 2005 individuava un “cluster” di genomi virali affini a quello della SARS (quadrato verde). Come si può vedere, nella “famigliola” rappresentata vi sono vari coronavirus, più lontani filogeneticamente, con 3 vecchie conoscenze (quadrati rossi): ovvero i coronavirus che provocano raffreddori e bronchiti visti nella post precedente. L’HCoV-OC43 è quello più vicino al cluster SARS.

Per la MERS il passaggio è avvenuto da una specie portatrice (pipistrello) ai cammelli mentre i dromedari hanno avuto la funzione di amplificatori. Il numero maggiore di contagiati di MERS è infatti avvenuto inizialmente tra gli allevamenti di questa specie animale.

Per la SARS-nCov-2 il maggiore indiziato per il ruolo di ospite intermedio è il pangolino anche se ciò non è ancora certo. Ciò che appare probabile è che anche in questo caso il pipistrello ne sia il serbatoio naturale:

Il pangolino
Il pangolino

La catena di eventi che ha determinato il salto di specie per il SARS-nCoV-2 è ancora una volta il commercio ed il consumo di animali selvatici in alcuni mercati cinesi. Un mercato di questo tipo a Wuhan è stato individuato come l’epicentro della pandemia in corso.

I coronavirus hanno un lato oscuro

Questi virus sono a RNA e hanno una pessima caratteristica: evolvono rapidamente, modificando il loro profilo antigenico ed il loro tropismo tissutale per mezzo di due meccanismi:

  1. la proteina responsabile della duplicazione del genoma (RNA-polimerasi) è veramente scarsa nel garantire una copia perfetta dell’originale. Questo comporta che vengano prodotte copie genomiche che includono errori nella apposizione delle basi nucleotidiche favorendo mutazioni a raffica. Questo è il meccanismo tipico dei virus influenzali che determina il cosiddetto antigenic drift rendendo i virus in grado di adattare le proteine di superficie dei virioni a recettori cellulari di nuove specie animali;
  2. la ricombinazione di coronavirus di ceppi diversi è un fenomeno frequente per cui in un soggetto (umano o animale) infettato da due diversi coronavirus potrebbe venirsi a creare un nuovo coronavirus con genoma mescolato. Tale ricombinazione che determina la creazione di un genoma ibrido può avvenire sia tra genomi di coronavirus appartenenti a ceppi diversi (ricombinazione omologa) oppure tra un coronavirus ed un virus completamente diverso (es. un virus influenzale – ricombinazione eterologa)

Tale plasticità potrebbe creare virus dotati di caratteristiche innocue o incapaci di replicarsi o anche, purtroppo, virus molto aggressivi con una virulenza ed una letalità altissima.

Una di queste ricombinazioni può essere avvenuta in un luogo remoto nelle foreste cinesi tra un coronavirus presente nei pipistrelli ed uno presente nei pangolini.

Perchè tante nuove epidemie negli ultimi 20 anni?

La trasmissione di virus da animale a uomo è già avvenuta in passato ma la frequenza appare in deciso aumento non solo per le epidemie-pandemie di coronavirus (SARS, MERS, COVID) ma anche per altri virus quali Ebola, virus influenzali, flavivirus, Hendra e Nipah. Le modifiche climatiche favoriscono la tropicalizzazione e la diffusione di vettori in grado di trasmettere virus tramite inoculazione (zanzare o zecche; es. Zika) in zone in cui tali malattie erano considerate tipiche di altre latitudini (West Nile, Usutu, Chikungunya). La deforestazione e la urbanizzazione facilitano lo spillover riducendo l’habitat di specie selvatiche e incrementando la possibilità di un contatto con la specie umana (pipistrelli, roditori e uccelli).

Il caso dei wet markets è paradigmatico. Non è un caso che tre delle più severe zoonosi degli ultimi 20 anni (SARS, H5N1 aviaria e COVID-19) siano in relazione alla commistione, al commercio (regolare o di frodo) ed al consumo alimentare di diverse specie selvatiche. Il virus Ebola pare originato da uno spillover del micidiale microrganismo da una specie di pipistrello che viene consumato dalle popolazioni che abitano le giungle ove è comparsa la malattia. Anche il consumo di carne di scimmia (contagiata dal virus) può aver avuto un ruolo nel passaggio del virus all’uomo.

Ricombina oggi e ricombina domani…

Come dovrebbe essere chiaro ormai, la questione di una nuova epidemia o pandemia dipende da molti fattori e le regole del gioco sono chiare; i virus invece hanno un solo scopo: moltiplicarsi. Più si moltiplicano più è probabile che possano acquisire nuove caratteristiche. E le caratteristiche di due degli ultimi 3 coronavirus che hanno colpito il pianeta sono decisamente preoccupanti. Limitiamoci a COVID-19 e SARS e confrontiamoli con la pandemia influenzale del 1918 e quella più recente nel 20094.

Tutti e due i coronavirus innanzitutto hanno periodi di incubazioni più lunghi nei confronti della influenza.

Ma il SARS-nCoV-2 (che provoca il COVID-19) a dispetto della sua mortalità molto più bassa ha due caratteristiche che la rendono temibile:

  1. L’intervallo tra i sintomi ed il periodo di massima infettività è praticamente zero;
  2. La proporzione di pazienti asintomatici o con sintomi lievi è molto alta.

Queste due caratteristiche fannò si che un soggetto sia contagioso già all’esordio della malattia e durante questo periodo può anche essere totalmente asintomatico o con pochi sintomi.

Se consideriamo che insieme a queste due caratteristiche vi è anche un alto indice di trasmissibilità (R0) il controllo della diffusione è difficilissimo.

La SARS, pur condividendo una trasmissibilità elevata, come per il Covid-19, si presentava con sintomi generalmente più gravi ma l’infettività era maggiore quando il paziente era stato già isolato o ricoverato. Di conseguenza la trasmissione della SARS durante i primi 5 giorni di malattia era infrequente. Questo è il motivo principale per cui la SARS si è potuta controllare. Lo stesso fenomeno accomuna anche la MERS.

La infettività del Covid-19 è dovuta infatti al maggior tropismo del SARS-nCoV-2 per le vie aeree superiori (almeno nella fase iniziale). Il che rende più facile la trasmissione attraverso i droplets.

La MERS (non presente in tabella) è un caso a parte in quanto, anche se ancora presente in alcune zone del Medio Oriente, ha una trasmissibilità di base al di sotto di 1 (pur avendo una letalità elevatissima; 1 paziente su 3 muore).

Pertanto, pur con bassa letalità e minor necessità di ospedalizzazione, il Covid-19 si diffonde talmente rapidamente che il numero dei contagiati aumenta in modo esponenziale e quindi in numeri assoluti il numero di ricoveri e di decessi diventa elevatissimo rischiando di far implodere i sistemi sanitari.

Tutte le caratteristiche dei 3 nuovi coronavirus sono il risultato di mutazioni ed adattamenti nei passaggi dall’animale serbatoio fino ai soggetti ospiti ed infine all’uomo.

Provate a pensare cosa sarebbe successo nel 2003 se la SARS, con una letalità del 10% avesse avuto le due caratteristiche descritte sopra del SARS-nCoV-2.

O provate a pensare se il COVID-19 avesse avuto una letalità della SARS.

Ora provate a pensare, nella miriadi di ricombinazioni possibili tra vari tipi di virus, come potrebbe essere una pandemia con letalità elevata e trasmissibilità per via aerea (come per il morbillo il cui R0 arriva a 15). In quel caso le mascherine chirurgiche potremmo buttarle tutte perchè non servirebbero a nulla.

Forse potenziare di più la ricerca ed eliminare politiche ambientali disastrose avrebbe un suo perchè.


  1. Webster, Robert G. “Wet markets–a continuing source of severe acute respiratory syndrome and influenza?.” Lancet (London, England) vol. 363,9404 (2004): 234-6. doi:10.1016/S0140-6736(03)15329-9
  2. Spillover. L’evoluzione delle pandemie: Quammen, David
  3. Li, W. 2005. “Bats Are Natural Reservoirs of SARS-Like Coronaviruses.” Science 310 (5748): 676–79. https://doi.org/10.1126/science.1118391.
  4. Petersen, Eskild, Marion Koopmans, Unyeong Go, Davidson H Hamer, Nicola Petrosillo, Francesco Castelli, Merete Storgaard, Sulien Al Khalili, and Lone Simonsen. n.d. “Comparing SARS-CoV-2 with SARS-CoV and Influenza Pandemics.” The Lancet Infectious Diseases. https://doi.org/10.1016/s1473-3099(20)30484-9.

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