L’idea di sperimentare la idrossiclorochina come farmaco in grado di inibire la replicazione virale del SARS-nCov-2 non è sbagliata, anzi.
Il razionale scientifico è indubbio: vi è plausibilità biologica. Le sperimentazioni in “vitro” dimostrano infatti una attività antivirale1 2 ed inoltre il farmaco ha dimostrato una efficace attività immunomodulatoria nelle patologie autoimmunitarie.
Il fatto però che l’idrossiclorochina abbia una efficacia in “vitro”, ovvero in esperimenti di laboratorio su colture cellulari, non significa che essa sia efficace anche “in vivo” ovvero sulle persone in carne ed ossa affette da determinate patologie.
Questa è una rispettabilissima ipotesi scientifica. E come tale deve essere seguita da una adeguata sperimentazione clinica sull’uomo.
Innanzitutto va chiarito che i promettenti risultati “in vitro” della idrossiclorochina contro alcuni virus, tra cui quelli influenzali, sono stati già chiaramente smentiti da studi controllati e randomizzati sull’uomo34.
Uno studio cinese, molto recente, effettuato sull’uomo, non ha inoltre mostrato alcun beneficio neppure sui pazienti affetti da COVID-195.
Una piccola sperimentazione è stata effettuata anche da un gruppo di ricercatori francesi capeggiata dal Dott. Raoult6. Tale pubblicazione, pur gravata da numerosi problemi metodologici si è trasformata, vedremo poi perchè, in una dimostrazione inoppugnabile della validità di questo approccio terapeutico.
Peccato che questo studio abbia solo dimostrato la pochezza metodologica degli Autori. Un fulgido esempio che però mi fornirà per anni un ottimo esempio da diffondere ai miei studenti di come NON si conduce una sperimentazione clinica.
Tutte le più importanti riviste scientifiche mondiali e moltissimi scienziati hanno infatti raccomandato grande cautela789. L’elenco delle posizioni critiche è quasi interminabile. Sono state praticamente tutte ignorate.
Trump il grande scienziato
Ciò non ha fermato una tempesta mediatica sulla azione di questo farmaco con prese di posizione perlomeno “audaci” da parte di alcuni Capi di Stato.
Tra i più grandi sostenitori della idrossiclorochina dobbiamo annoverare il più grande buzzurro che abbia mai comandato la più grande potenza mondiale. Costui ha addirittura twittato il 21 marzo dalla Casa Bianca che la idrossiclorochina e l’azitromicina hanno la possibilità di cambiare la storia della medicina:

Il “noto scienziato” ha rinforzato questa sua convinzione con questo ulteriore cinguettìo che incitava la FDA alla immediata autorizzazione ed a muoversi in fretta perchè le persone stavano morendo:

Prima di passare all’analisi dello studio che ha esaltato il noto farmacologo mondiale Donald Trump, voglio inserire alcuni dei commenti più ficcanti ed ironici:


Lo studio francese su idrossiclorochina e azitromicina
Lo studio pubblicato da Gautier ed altri ricercatori francesi (ultimo nome il Dott. Raoult) è quello che ha scatenato una reazione “virale” sui social fino ad arrivare sul tavolo dei potenti della Terra e su tutti i media.
Pubblicato il 20 marzo era già sull’account di Trump il giorno successivo.
Se rivedete il primo tweet di Trump è proprio questo studio che viene citato (cerchiato in rosso) aggiungendo che “H works better than A”. Ovvero che Hydrossicloroquine (H) funziona meglio della Azitromicina (A).
Lo stesso destino non ha avuto uno studio cinese, anche esso con un esiguo numero di pazienti reclutati (30 in tutto) Quest’ultimo paper non ha dimostrato alcun effetto della idrossiclorochina ma è stato semplicemente è ignorato (ma per Trump è solo l’ennesima dimostrazione della malafede dei cinesi che, secondo lui, hanno diffuso il virus).
Lo studio di Gautret lo potete scaricare integralmente a questo link.
Si tratta di un studio su pochi pazienti, denominato: “Hydroxychloroquine and azithromycin as a treatment of COVID-19: results of an open-label non-randomized clinical trial”.

Piccola premessa: il migliore studio scientifico è lo studio randomizzato, controllato ed in doppio cieco. Questi studi vengono spesso definiti RCT (randomized clinical trial) e sono studi di grandi dimensioni che richiedono tempi lunghi e risorse non indifferenti. E’ evidente che nella situazione attuale anche studi che non rispondano ai migliori standard metodologici siano un utile contributo per valutare l’efficacia di nuove terapie. Ma sono per l’appunto solo un contributo per approfondire la questione. Non sono mai risolutivi a meno dimostrino una efficacia clamorosa.
E questo studio di clamoroso ha solo una pericolosa inadeguatezza.
L’idrossiclorochina non guarisce al 100% i pazienti affetti da COVID-19 (è stata detta anche questa sciocchezza).
Analisi dello studio
Il trial in questione venne effettuato a Marsiglia su 42 pazienti con COVID-19 accertata mediante tampone nasofaringeo.
A 20 di questi pazienti fu somministrata la idrossiclorochina a dosi di 600 mg/die. A 6 pazienti venne somministrata idrossiclorochina associata ad un antibiotico (azitromicina).
I rimanenti 16 pazienti non furono trattati con il farmaco antimalarico e vengono pertanto considerati come gruppo di controllo.
I 16 pazienti che fungono da controllo:
- provenivano da altri centri (Nizza, Avignone e Briancon)
- oppure erano pazienti del centro di Marsiglia che avevano rifiutato il trattamento.

Lo studio intendeva dimostrare quanti pazienti presentavano completa clearance virale (ovvero assenza del virus accertata tramite tampone rinofaringeo) al 6° giorno dalla inclusione nello studio.
Se il tampone al sesto giorno era negativo si era ottenuta una completa clearance virale.
Dopo aver escluso 6 pazienti dalle analisi in quanto avevano dati incompleti, gli autori hanno riferito che:
- il 70% (14 su 20) dei pazienti assegnati al trattamento sperimentale (idrossiclorochina da sola o associata ad azitromicina) avevano ottenuto la clearance virale
- il 12.5% (2 su 16) di quelli che erano nel braccio di controllo avevano ottenuto la clearance virale
- il 100% di tutti i 6 pazienti (6/6) che avevano assunto anche l’azitromicina avevano ottenuto una clearance virale completa
- chi aveva assunto solo l’idrossiclorochina l’aveva ottenuta nel 57% dei casi (8/14).
Vedremo dopo cosa c’è sotto a questi numeri.
Sulla base di questi risultati gli autori affermavano che la riduzione della carica virale o addirittura la scomparsa della stessa è significativamente maggiore nel gruppo trattato con l’idrossiclorochina e che l’azitromicina potenzia tale effetto.
A livello teorico lo studio potrebbe essere classificato come uno studio preliminare di fase II. Ma solo a livello teorico.
Vediamo ora i limiti di tale studio.
Assenza di randomizzazione
La randomizzazione è fondamentale in qualsiasi studio clinico. La randomizzazione è una procedura che distribuisce i pazienti in un braccio di trattamento e in quello di controllo in maniera del tutto casuale. In tal modo si garantisce che sia equamente ripartito il livello basale di rischio dei pazienti e che siano equamente distribuiti eventuali fattori prognostici, anche sconosciuti, che potrebbero avere un ruolo nell’outcome dello studio stesso.
Con la randomizzazione ci si assicura infatti che l’unica differenza nei risultati ottenuti sia dovuta al fattore di interesse per il ricercatore ovvero, in questo caso, il farmaco o i farmaci sperimentali.

Nella figura è rappresentata una popolazione che viene randomizzata nel gruppo di trattamento e nel gruppo di controllo. Immaginiamo che vi siano fattori a noi sconosciuti che possono influenzare la risposta al trattamento o che possano essere in relazione ad un outcome più o meno favorevole (persone colorate di verde).
Con la randomizzazione ci assicuriamo che tali fattori vengano equamente distribuiti nei due bracci della sperimentazione.
Il bias implicato nella assenza di randomizzazione è il selection bias. Lo sperimentatore non dovrebbe mai selezionare quali pazienti debbano essere assegnati in un gruppo o in un altro. Lo sperimentatore, anche involontariamente, potrebbe assegnare i pazienti che potrebbero avere un decorso più favorevole al gruppo sperimentale, falsando i risultati dello studio stesso.
La randomizzazione è fondamentale per i trial clinici da quando Sir Bradford Hill lo ha adottato nel primo famosissimo trial sull’utilizzo della streptomicina nella tubercolosi10.

I motivi principali tratti dalla letteratura mondiale degli ultimi 100 anni e inculcati in tutti gli statistici e i metodologi della ricerca clinica a riguardo della randomizzazione sono pertanto i seguenti:
- garantisce la casualità nell’assegnare i pazienti ai gruppi in studio (trattamento vs. controllo) mitigando il selection bias
- assicura (almeno asintoticamente) la equivalenza di fattori confondenti noti e soprattutto ignoti tra i gruppi di assegnazione
- fornisce la base imprescindibile per poter effettuare inferenze statistiche valide.
Il punto 3 è spesso ignorato e poco insegnato ma è quello su cui si basa l’analisi statistica: il cosiddetto “random sampling” ovvero il campionamento casuale per gli studi campionari e l’assegnazione casuale per i trials clinici costituiscono la premessa indispensabile per poter applicare test statistici.
Il padre della statistica moderna R.A. Fisher lo dichiarava espressamente nella sua monumentale opera “The Design of Experiment” del 192611:
The purpose of randomisation…is to guarantee the validity of the test of significance…
In questo studio il selection bias è evidente: i pazienti assegnati alla terapia farmacologica provenivano tutti dal centro di Marsiglia. Tutti i pazienti utilizzati come controlli erano provenienti da altri ospedali oppure da pazienti di Marsiglia che avevano rifiutato il trattamento.
Inoltre i test statistici in questo studio non hanno alcuna validità proprio per l’assenza di randomizzazione.
Tutto qui? Sarebbe già abbastanza. Ma c’è molto altro…
- Liu J, Cao R, Xu M, et al. Hydroxychloroquine, a less toxic derivative of chloroquine, is effective in inhibiting SARS-CoV-2 infection in vitro. Cell Discov. 2020;6:16. PMID: 32194981 doi:10.1038/s41421-020-0156-0 ↩
- Yao X, Ye F, Zhang M, et al. In vitro antiviral activity and projection of optimized dosing design of hydroxychloroquine for the treatment of severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2). Clin Infect Dis. 2020. PMID: 32150618 doi:10.1093/cid/ciaa237 ↩
- Paton NI, Lee L, Xu Y, et al. Chloroquine for influenza prevention: a randomised, double-blind, placebo controlled trial. Lancet Infect Dis. 2011;11:677-683. PMID: 21550310 doi:10.1016/S1473-3099(11)70065-2 ↩
- Ooi EE, Chew JS, Loh JP, et al. In vitro inhibition of human influenza A virus replication by chloroquine. Virol J. 2006;3:39. PMID: 16729896 ↩
- Chen J, Liu D, Liu L, et al. A pilot study of hydroxychloroquine in treatment of patients with common coronavirus disease-19 (COVID-19). Journal of Zhejiang University (Medical Sciences). 2020;49. doi:10.3785/j.issn.1008-9292.2020.03.03 ↩
- Gautret P, Lagier JC, Parola P, et al. Hydroxychloroquine and azithromycin as a treatment of COVID-19: results of an open-label non-randomized clinical trial. Int J Antimicrob Agents. 2020:105949. PMID: 32205204 doi:10.1016/j.ijantimicag.2020.105949 ↩
- Yazdany J, Kim AH. Use of Hydroxychloroquine and Chloroquine During the COVID-19 Pandemic: What Every Clinician Should Know. Ann Intern Med. 2020; Epub ahead of print 31 March 2020. doi: https://doi.org/10.7326/M20-1334 ↩
- SusanJaffe: Regulators split on antimalarials for COVID-19 Volume 395, Issue 10231, 11–17 April 2020, Page 1179 Lancet ↩
- Rome, Benjamin N., e Jerry Avorn. «Drug Evaluation during the Covid-19 Pandemic». New England Journal of Medicine, 14 aprile 2020. https://doi.org/10.1056/NEJMp2009457. ↩
- Medical Research Council. Streptomycin treatment of pulmonary tuberculosis. Br Med J. 1948;2(4582):769‐782. ↩
- Fisher, R. A. (1935). The design of experiments. Oliver & Boyd. ↩
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